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M5S, addio al limite dei due mandati… Chi l’avrebbe mai detto?

Federico Pizzarotti

M5S, addio al limite dei due mandati… Chi l’avrebbe mai detto?

Ebbene sì, anche un’altro dei pilastri fondativi del Movimento 5 Stelle è caduto, ammesso ne siano rimasti ancora.
L’Assemblea degli iscritti ha votato per modificare la regola dei due mandati. A favore il 72,08% dei votanti, un risultato che parla chiaro: il cambiamento è stato auspicato e, per molti non più eleggibili, probabilmente anche necessario. È stata una revisione totale della regola, che non solo permette un terzo mandato, ma introduce anche deroghe speciali per chi si candida a ruoli amministrativi di grande rilievo, come sindaco o presidente di Regione. Non è difficile immaginare che questa mossa sia stata pensata anche in vista di possibili candidature “pesanti”, come quella di Roberto Fico per la presidenza della Campania. Insomma, si cambia, ma con un occhio a opportunità specifiche.

Progressisti indipendenti… ovvero “riformisti conservatori”?

Sul fronte del posizionamento politico, gli iscritti hanno scelto una definizione piuttosto curiosa: “progressisti indipendenti”. Un’espressione che, a ben vedere, rischia di risultare un ossimoro. Indipendenti da chi? Progressisti fino a che punto? Sarebbe come dire “riformisti conservatori”, per chi ama le etichette che non si sbilanciano troppo. Tuttavia, questa definizione sembra più che altro una necessità di non perdere contatto con un elettorato che oggi appare molto più frammentato rispetto agli anni d’oro del Movimento, quando il mantra era “né di destra né di sinistra”. Ora, la nuova formula punta a tracciare un’identità più chiara, pur cercando di mantenere una certa autonomia.

Alleanze sì, ma “alla grillina”

Anche sul fronte delle alleanze politiche, il vento è cambiato. Un tempo demonizzate come il male assoluto, ora diventano parte della strategia del Movimento, purché basate su “accordi programmatici precisi”. Su questo punto, i votanti si sono espressi con una percentuale quasi plebiscitaria: il 92,4% ha detto sì. Ma resta il dubbio: quanto può essere davvero “indipendente” un movimento che si allea con altre forze politiche? E soprattutto, quanta libertà rimane nel negoziare tali accordi senza snaturarsi ulteriormente?

L’addio al Garante: una rivoluzione interna

Tra le novità più significative c’è l’eliminazione del ruolo del Garante, una figura che da sempre era legata a Beppe Grillo. Era il simbolo del controllo e della supervisione, ma anche un elemento di ingerenza che negli anni aveva sollevato non poche polemiche. Con il 62,3% dei voti, gli iscritti hanno scelto di rimuoverlo dallo statuto. Se da un lato questa decisione segna un passaggio epocale, dall’altro sembra chiudere definitivamente la fase “grillina” del Movimento, che ora vuole presentarsi come una forza politica più strutturata e autonoma. Ma sarà davvero così? Grillo resterà davvero nell’ombra o troverà nuovi modi per influenzare il percorso del Movimento magari a suon di cause legali?

Un addio ai valori fondanti?

Con queste modifiche, il Movimento 5 Stelle sembra prendere le distanze in modo definitivo da alcuni dei suoi principi originari. Il limite dei due mandati, ad esempio, era stato pensato per garantire un ricambio costante della classe politica e per evitare che il Movimento si trasformasse in una macchina di potere come quelle contro cui si scagliava agli albori. Ora, con tre mandati e deroghe per alcuni ruoli, quel principio di “differenza” rispetto ai partiti tradizionali sembra sempre più sfocato.

Riflessioni sarcastiche sul futuro del M5S

C’è chi dice che il Movimento stia semplicemente evolvendo per adattarsi alla realtà politica italiana. Altri, più critici, vedono queste scelte come l’ennesimo passo verso la perdita di identità. Certo è che, se fino a qualche anno fa il M5S si presentava come un’alternativa radicale al sistema, oggi appare sempre più simile a quello che voleva combattere.

E come si suol dire, “c’è sempre uno più puro che ti epura”… e nessuno ne esce indenne!

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